sabato 14 gennaio 2012

Un Paese in guerra contro se stesso.

Per qualche mese ho vissuto come allucinato. Da una parte l'ottimismo generato dalle costanti notizie sul grande balzo compiuto dal Brasile nella classifica delle maggiori economie mondiali: Superata l'Italia! Superata l'Inghiterra! Sembrava quasi una gara di staffetta olimpica... Dall'altra le grandi opere ed i grandi progetti che cominciano ad apparire, qua e la, a Fortaleza: L'enorme Centro d'Esposizioni, il faraonico progetto di riordino della Beira Mar, il Grande acquario, la gente felice nei negozi pieni...
Oggi invece sono tornato alla triste realtá. Cominciamo l'anno ritornando a descrivere quel Brasile che conoscevo e che sapevo che non era scomparso. Una ONG internazionale ha divulgato una speciale classifica dove, ancora una volta, il gigante sudamericano é campione: 14 cittá brasiliane fra le cinquanta piú violente ed il terzo posto assoluto conquistato da Maceió, con Fortaleza che si piazza "solo" al 37º posto, con 43 omicidi ogni 100.000 abitanti.
Gli amici bene informati diranno che comunque i morti sono tutti di aree socialmente degradate, vittime della droga, trafficanti, malviventi ecc. e che pochi di coloro che vivono onestamente si aggiungono ai tristi numeri delllo studio menzionato; ma ció non toglie che chiunque qui senta il clima di profonda insicurezza dovuta al fatto che i signori facenti parte del gruppo dei malavitosi, non hanno l'abitudine e nenche il dovere di stare in fetide periferie ma, spesso, si propagano verso quella che é ritenuta la cittá della "gente normale", nella quale praticano scorribande di ogni genere a danno del secondo gruppo citato, ossia quello dei cittadini normali. Aggiungo che anche nelle periferie, fetide o no, vivono tante brave persone alle quali bisognerebbe dare una medaglia al valore di guerra per resistere indomiti in zone di combattimento.
Questa é la guerra di cui accennavo nel titolo: Una popolazione criminale che combatte una popolazione che si sforza di vivere nella normalitá, seguendo le leggi e piú ancora, una giustizia ceca, ipocrita, scadente, boriosa e classista che si ostina a non vedere ció che accade, unita ad una classe dirigente di politici flaccidi, straricchi, senza amore verso la Patria, tutti orbi davanti alla situazione di straordinaria emergenza in cui versa la "sesta economia del mondo", i cui cittadini onesti sono sotto attacco costante
da parte di una criminalitá sempre piú organizzata e sempre piú ben armata.
Nulla funziona: ne lo Statuto del Disarmamento, una pagliacciata che ha, forse, peggiorato la situazione, ne la deprecabile situazione penitenziaria, ne le leggi, deboli e studiate da politici sognatori i quali passano piú tempo in Svizzera che in Patria. Solo cosí ci si spiega il perché di un ordinamento penale che non permette di condannare un assassino di 17 anni oppure che permette ad un assassino condannato di uscire dopo 3 anni.
I sociologi, strani scienziati perlopiú di sinistra, vedevano nella differenza sociale la colpa: la miseria genera la violenza, dicevano. Si sono dimenticati di citare paesi come l'India, con lo stesso grande strato di popolazione emarginata ed in situazioni estreme e che nella classifica delle cittá violente non appare neanche! Ma come é possibile dottori? Nessuna risposta da parte dei santoni lulisti di casa nostra. Forse sono troppo occupati a scegliere il colore del nuovo SUV.
L'ottimismo mi é passato. Oggi sono tornato ai vecchi tempi, se qualcuno vuole rispondermi dicendo che "ce lo su col Brasile" lo faccia pure. Io prego che non si trovi mai fra le vittime di quelle statistiche e che soprattutto le cose possano modificarsi.
Ma mi é difficile pensare chi o cosa possa cambiare la situazione: se essere la sesta potenza non aiuta, ci salvi Dio.