lunedì 14 dicembre 2015

Brasile presente e futuro: incertezze e paure.

Ho poco tempo per  scrivere purtroppo... Forse anche se ne avessi, non avrei da raccontare novità positive. Mi rendo conto di aver presentato spesso discussioni in merito agli annosi problemi brasiliani: violenza, criminalità, droga dilagante, politica corrotta e falsa, economia che non decolla e problemi legati al sottosviluppo ed alla povera gente... E mi rendo conto che, al momento, poco ci sia da raccontare di nuovo e di bello per quanto riguarda questa terra e questa gente che si meriterebbe un trattamento migliore da quello fornito dalle attuali circostanze.
Siamo a fine anno e viene voglia di fare le somme di quanto accaduto sperando che ci lascino margine di speranza per il futuro... e ci vediamo tutti avvolti in un clima di disfatta economica, di crollo dei risultati di crescita ottenuti mediante le menzogne populiste e pseudo-socialiste: il paese retrocede economicamente ed entra in una crisi di lunga soluzione.
Quel che è peggio è che non si intravvede una soluzione, un'uscita, una giocata da statista o da maestro di qualche politico. Gli uomini e le donne, nella stanza dei bottoni, continuano solo a sostenere logiche di partito, di mantenimento al potere, di esercizio puro dello stesso a favore di pochi baciati dalla fortuna, della classe ed elite politica al comando. Una situazione di empasse che trascina la nazione nel fondo del pozzo.
Mi diceva un imprenditore di buon livello culturale ed economico, mio conoscente, che il Brasile è ancora sano nei substrati dell'economia: il fuoco arde ancora sotto la cenere ed il cancro non è ancora dilagato al sistema bancario; inoltre, le imprese dispongono ancora di capitali per far ripartire il meccanismo di mercato... Il problema è la disputa di potere alla quale non interessa il Paese ed i suoi abitanti (considerati solo come vacche da mungere), non interessa mettere in pratica strumenti che permettano il reale cambiamento. Finalizzava il mio interlocutore che se il tempo trascorresse senza una soluzione alla diatriba politica, sarebbe inevitabile lo sprofondare in una crisi di difficile soluzione e di amare conseguenze per la gente comune e per i non facenti parte delle elite di partito.
in sud-america la situazione, dopo quindici anni di populismo e di bolivarismo venezuelano, Argentina e Venezuela sembrano cercare una via d'uscita mediante il voto democratico di partiti di altra area. In Brasile, le menzogne raccontate nella dirittura finale delle elezioni dell'anno passato, hanno consentito al regime di perdurare per altri quattro. Temo sia difficile che le accuse alla Presidente, oggi trasformate in una azione giuridica contro la stessa, si trasformino in una sua rinuncia. Lo scenario è comunque complicato ma non mi illudo visto che gli interessi di potere ed i guadagni in gioco sono enormi ed ormai il Paese è completamente occupato, nei suoi posti chiave e nei suoi ruoli amministrativi, da segnaposto governativi, per logica di partito e non per merito. A loro non interessa la crescita e lo sviluppo: al massimo ne parleranno alle prossime elezioni quando cercheranno di frodare nuovamente la povera gente e molti illusi. Per ora, anche se affondati in una crisi che già ha provocato la fuoriuscita dal mercato del lavoro di milioni di persone (attendiamo tristemente la fine delle feste, periodo in cui tradizionalmente le imprese sono solite non licenziare, per avere una dimensione reale di quanto profonda sia la retroazione), lorsignori si beano tra ferie in paradisi turistici e stipendi di altra galassia.
Insomma: il Brasile, che ci aveva illuso con la sua crescita nell'era Lula e con le sue fantasie ideologiche populiste, è tornato a mostrare la sua vera identità, fatta di monopoli industriali, di chiusura commerciale verso l'estero, di alta tassazione e di servizi scadenti, di moneta declassata e svalutata, di inflazione a due cifre, di sanità ed educazione pubblica precaria, di contrasti di miseria con ricchezza sfrenata, regno per pochi fortunati ed inferno per molti dimenticati.
La vita mi ha portato qui, non è stata una decisione. Dopo quindici anni, questa è anche un poco la mia terra, anche se non ci sono nato. Meriterebbe di più e può fare molto di più. Dicono i brasiliani che Dio è nato in Brasile: vista l'inefficienza degli uomini, non ci rimane che sperare in Lui.
Auguro a tutti coloro abbiano compiuto lo sforzo di leggermi un Buon Natale e Buone Feste con l'augurio che i nostri paesi abbiano il prossimo anno risultati positivamente sorprendenti!