Un recente studio dimostra quanto grave sia la situazione delle coste del nordeste del Brasile sotto il profilo dello sfruttamento indisciplinato delle risorse e dell'avanzamento del mare.
Localitá come Icaraí e Caponga, un tempo perle di grande bellezza e futuro turistico, baciate dalla natura con spiagge di larghezza chilometrica, sono oggi ridotte a disputare pochi metri quadrati di preziosa sabbia, divisa fra pescatori, bagnisti e operatori turistici. A Caponga, 60 km circa da Fortaleza, del bel lungomare, fiore all'occhiello dell'amministrazione comunale di alcuni anni fa e che aveva trasformato il volto della cittadina, restano pochi metri, difesi strenuamente con lavori di rinforzo del precario frangiflutti. Le "barracas" stanno ormai trasformandosi in palafitte con impatto sul giá precario e troppo stagionalizzato turismo.
Conobbi la Praia da Caponga nel lontano 93 e ne rimasi entusiasta: erano chilometri di spiaggia fina che, durante la bassa marea, diventava tanto larga da far perdere la voglia di fare il bagno per come si allontanava il bagnasciuga: per questo motivo, le baracche, in quell'epoca erano situate molto piú a ridosso della linea di marea in una posizione in cui, ora, sarebbero sommerse da almeno 3 metri d'acqua.
Icaraí era l'alternativa alla Praia do Futuro: vicina alla capitale, con acque pulite, spiaggia estesa e buone strutture di ospitalitá. Attualmente, poche "barracas" resistono e lottano strenuamente contro l'avanzata del mare che in pochi anni ha invaso il territorio adiacente. Sembra che sia in fase avanzata il progetto di rivitalizzazione della zona che prevede la costruzione di una barriera frangiflutti e del progressivo riporto di sabbia nella zona in cui esisteva la spiaggia.
Ma perché in pochi anni il litorale ha subito un'attacco di tali proporzioni che rischia di essere un ostacolo serio per lo sviluppo turistico nordestino?
Le spiegazioni sono di vario tipo: dal riscaldamento globale che provoca lo scioglimento dei ghiacci e la progressiva crescita del livello delle acque marine all'intervento dell'uomo lungo le coste ed é di quest'ultimo su cui spenderemo qualche parola.
In Brasile, soprattutto nel nordeste, le leggi per la preservazione delle fasce costiere e per il suo sfruttamento organizzato, sono recenti e sempre costantemente soggette ad infrazione, anche per l'atavico problema dell'inesistente o corrompibile esercizio di controllo.
Si sono visti casi (Morro Branco, Canoa quebrada) di costruzioni letteralmente sulla battigia, magari poi smantellate dopo alcuni anni ma dopo compiuto il loro nefasto compito sull'ambiente. Il ritiro di sabbia e pietrisco, pur proibito, continua ad essere effettuato da scaltri operatori del settore delle costruzioni.
Altro caso di intervento umano é il porto di Fortaleza. Costruito negli anni 40 del secolo passato, a poco a poco ha contribuito a creare un'effetto diga ai venti dominanti, rendendo impossibile il normale deposito di sabbia sulla spiaggia della Beira Mar, ormai ridotta al lumicino e della Praia de Iracema, distrutta completamente ed ora ricostruita dopo l'edificazione di vai moli di protezione e del riporto di milioni di metri cubi di sabbia.
Un'ultimo casa, per finire, di invasione umana dell'ambiente naturale: Porto das Dunas. Un tempo un meraviglioso angolo di spiaggia equatoriale, con boschi di palme, dune bianche a fare da contorno ad una azzurrissima e trasparente laguna. Un vero paradiso oggi immolato al progresso ed al dio denaro che tutto compra e tutto distrugge: andateci ora e vedrete a perdita d'occhio edifici di dubbio gusto e di sgradevole impatto visivo, costruzioni oltraggiose verso la natura ma che fanno la gioia di tanti speculatori, costruttori, agenti immobiliari e soprattutto del comune di Aquiraz.
Mi piange il cuore, soprattutto perché le uniche foto che avevo di questa meraviglia brasiliana me le ha sottratte per dispetto la mia ex moglie per cui non posso mostrare a nessuno come era ma mi limito a custodire il ricordo, nella mia mente ma soprattutto nel mio cuore, vivido come se ci fossi andato proprio ieri, di quegli scenari di luce, sabbia bianca, dune altissime, foreste verdeggianti di palme ed acqua fresca che mi fecero innamorare (tra l'altro!) di questa terra oggi per me irriconoscibile.
Localitá come Icaraí e Caponga, un tempo perle di grande bellezza e futuro turistico, baciate dalla natura con spiagge di larghezza chilometrica, sono oggi ridotte a disputare pochi metri quadrati di preziosa sabbia, divisa fra pescatori, bagnisti e operatori turistici. A Caponga, 60 km circa da Fortaleza, del bel lungomare, fiore all'occhiello dell'amministrazione comunale di alcuni anni fa e che aveva trasformato il volto della cittadina, restano pochi metri, difesi strenuamente con lavori di rinforzo del precario frangiflutti. Le "barracas" stanno ormai trasformandosi in palafitte con impatto sul giá precario e troppo stagionalizzato turismo.
Conobbi la Praia da Caponga nel lontano 93 e ne rimasi entusiasta: erano chilometri di spiaggia fina che, durante la bassa marea, diventava tanto larga da far perdere la voglia di fare il bagno per come si allontanava il bagnasciuga: per questo motivo, le baracche, in quell'epoca erano situate molto piú a ridosso della linea di marea in una posizione in cui, ora, sarebbero sommerse da almeno 3 metri d'acqua.
Icaraí era l'alternativa alla Praia do Futuro: vicina alla capitale, con acque pulite, spiaggia estesa e buone strutture di ospitalitá. Attualmente, poche "barracas" resistono e lottano strenuamente contro l'avanzata del mare che in pochi anni ha invaso il territorio adiacente. Sembra che sia in fase avanzata il progetto di rivitalizzazione della zona che prevede la costruzione di una barriera frangiflutti e del progressivo riporto di sabbia nella zona in cui esisteva la spiaggia.
Ma perché in pochi anni il litorale ha subito un'attacco di tali proporzioni che rischia di essere un ostacolo serio per lo sviluppo turistico nordestino?
Le spiegazioni sono di vario tipo: dal riscaldamento globale che provoca lo scioglimento dei ghiacci e la progressiva crescita del livello delle acque marine all'intervento dell'uomo lungo le coste ed é di quest'ultimo su cui spenderemo qualche parola.
In Brasile, soprattutto nel nordeste, le leggi per la preservazione delle fasce costiere e per il suo sfruttamento organizzato, sono recenti e sempre costantemente soggette ad infrazione, anche per l'atavico problema dell'inesistente o corrompibile esercizio di controllo.
Si sono visti casi (Morro Branco, Canoa quebrada) di costruzioni letteralmente sulla battigia, magari poi smantellate dopo alcuni anni ma dopo compiuto il loro nefasto compito sull'ambiente. Il ritiro di sabbia e pietrisco, pur proibito, continua ad essere effettuato da scaltri operatori del settore delle costruzioni.
Altro caso di intervento umano é il porto di Fortaleza. Costruito negli anni 40 del secolo passato, a poco a poco ha contribuito a creare un'effetto diga ai venti dominanti, rendendo impossibile il normale deposito di sabbia sulla spiaggia della Beira Mar, ormai ridotta al lumicino e della Praia de Iracema, distrutta completamente ed ora ricostruita dopo l'edificazione di vai moli di protezione e del riporto di milioni di metri cubi di sabbia.
Un'ultimo casa, per finire, di invasione umana dell'ambiente naturale: Porto das Dunas. Un tempo un meraviglioso angolo di spiaggia equatoriale, con boschi di palme, dune bianche a fare da contorno ad una azzurrissima e trasparente laguna. Un vero paradiso oggi immolato al progresso ed al dio denaro che tutto compra e tutto distrugge: andateci ora e vedrete a perdita d'occhio edifici di dubbio gusto e di sgradevole impatto visivo, costruzioni oltraggiose verso la natura ma che fanno la gioia di tanti speculatori, costruttori, agenti immobiliari e soprattutto del comune di Aquiraz.
Mi piange il cuore, soprattutto perché le uniche foto che avevo di questa meraviglia brasiliana me le ha sottratte per dispetto la mia ex moglie per cui non posso mostrare a nessuno come era ma mi limito a custodire il ricordo, nella mia mente ma soprattutto nel mio cuore, vivido come se ci fossi andato proprio ieri, di quegli scenari di luce, sabbia bianca, dune altissime, foreste verdeggianti di palme ed acqua fresca che mi fecero innamorare (tra l'altro!) di questa terra oggi per me irriconoscibile.
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