sabato 9 ottobre 2010

Disuguaglianza sociale in Brasile: dinamiche e riflessioni



L'istituto brasiliano di ricerche sociali e statistiche Ipea ha da poche settimane divulgato i dati riguardanti la diminuizione della povertá nel Paese.
La povertá, in termini assoluti, risulta diminuita tanto su scala nazionale come su quella statale dove, piú in dettaglio, la popolazione che viveva con al massimo mezzo salario minimo di riferimento (circa 100 euro) al mese é diminuita del 29% durante il periodo considerato nella ricerca ossia dal 1995 al 2008. Analizzando le cifre, vediamo come le cose siano migliorate soprattutto nel ridurre quella che é chiamata "povertá estrema" ossia le persone che avevano la sventura di vivere con appena 50 euro al mese. Risulta ancora che nello stesso periodo, il Ceará scala due posizioni nella graduatoria degli stati piú poveri posizionandosi al 5º posto fra le unitá della Federazione.
Importante notare come tutti gli stati ad elevata concentrazione di povertá si trovino nel nordest del Brasile che si impone quindi, per la stridente disuguaglianza nello sviluppo con il resto della federazione, come la "questione meridionale" brasiliana. Citando la disuguaglianza, miglioramenti sono avvenuti anche nell'indice che la misura, conosciuo come indice Gini. Il Ceará e parte del nordeste fanno passi avanti negli ultimi anni anche nella distribuizione di ricchezza fra i cittadini.
Crescita economica e le politiche sociali tanto care al governo Lula hanno contribuito a migliorare a livello statistico entrambi i parametri, povertá e disuguaglianza ma conviene ricordare che il periodo che lo studio prende in esame riguarda anche anni in cui era presidente Fernado Henrique Cardozo, l'artefice della riforma monetaria del Real che ha contribuito a estirpare il cancro dell'inflazione dando al Paese una moneta via via piú solida a supporto di un'economia in forte sviluppo, senza la quale nessun obbiettivo sociale avrebbe potuto essere raggiunto.
Fin qui i dati positivi. Il negativo riguarda il fatto che ancora sono milioni i poveri negli stati nordestini, il 49 % della popolazione nel Ceará, tanto per fare un'esempio. Si calcola che, persistendo il clima favorevole dell'economia, cosa non certa, si potrebbe annullare il comparto di "povertá estrema" (solo quello e non la povertá in senso generale), di cui abbiamo accennato poc'anzi, giá nel 2016. Stime piú realiste sono favorevoli a considerare la data del 2020 per celebrare questo importante evento. Per renderci conto di quanto lavoro ci sia ancora da fare, consideriamo anche i dati a livello internazionale: Nell'america latina il Brasile é terz'ultimo, sorpassando solo Haiti e la Bolivia, nella classifica che esamina l'indice Gini. Un dato veramente vergognoso per il colosso sudamericano, un paese che si reputa democratico, avanzato e colmo di risorse naturali.
Gli studiosi sono unanimi nel sottolineare che il solo aumento dell'economia non basterebbe comunque a raggiungere in pochi anni l'erradicazione della miseria: é necessario che progrediscano (e che soprattutto non siano solo sterili e demagogici proclami elettorali), le politiche di distribuzione di rendita, senza le quali il benessere rischia di arridere sempre di pi[u solo a coloro che fanno parte dell'altro Brasile, quello ferma all'etá della schiuvitú, delle capitanie e della concentrazione di rendita e ricchezze.