mercoledì 14 novembre 2012

Dilaga la violenza: vietato illudersi.

Criminalitá: autobus incendiato in San Paolo
Volevo titolare: "Allarme in Brasile: attacco allo Stato". Poi mi é sembrato troppo cinematografico... ed inoltre qui non si allarma proprio nessuno, neanche di fronte a centinaia di morti. Tutto sembra infatti scorrere imperturbabile nel grande Paese sudamericano; tutto sembra diluirsi nella sua straordinaria predisposizione alla rimozione della realtá, al non affrontare mai nulla con realismo e pragmatismo, forse per evitare di esere confusi con i signori che occupavano le poltrone di comando nei violenti e dittatoriali anni 70. Di cosa parlo? Degli attacchi condotti a partire da ottobre, ripetutamente, giornalmente, alla Polizia di San Paolo, ai suoi cittadini ed ora anche a quelli dello Stato di Santa Catarina, forse il piú tranquillo ed avanzato del Brasile. Sono ormai quasi 100 i poliziotti morti durante le ultime settimane. Piú che in una guerra moderna, combattuta con armi intelligenti. Decine i civili vittime degli attacchi condotti da manovalanza criminale debitamente pagata ed armata dai capi delle fazioni criminali, sia liberi che incarcerati. Proprio questa differenza é oggigiorno sempre piú labile, visto che le carceri in Brasile sono piú simili ad un grande casino che ad istituti che dovrebbero punire e risocializzare: entra di tutto, droga, armi, telefoni, puttane. Per alcuni anche confort di alto livello. Permessi d'uscita facili e visite "intime". Da lí dentro, si ordinano i crimini. Regolamenti di conti con poliziotti o sfide aperte alle autoritá che da tempo hanno ceduto ai ricatti e magari alle lusinghe di certi personaggi. Tristissimo pensare ai tanti morti, alle decine di innocenti massacrati ed alle loro famiglie distrutte nel dolore di un Paese che suona l'inno nazionale nelle partite di calcio di serie C ma che non ha il coraggio di mettere una bandiera per coprire i corpi, insanguinati al suolo, dei tanti veri martiri brasiliani di tutti i giorni.
Del resto il Brasile é oggi il paese al mondo in cui avvengono piú omicidi: 41.000 all'anno secondo le ultime statistiche. Piú dell'India, grande 5 volte tanto, del violentissimo Messico dei cartelli di narcotrafficanti, della popolosissima Indonesia, colpita da guerre religiose e razziali. Ebbene si, il Brasile, quel meraviglioso paese mostrato nei suoi colori e nelle sue musiche in mille seducenti maniere;  spiagge meravigliose, caipirinha, gente cordiale ed operosa; la terra promessa per investitori rampanti ed il luogo ideale dove svernare per migliaia di pensionati italiani, magari al secondo o terzo divorzio, che qui trovano una ennesima giovinezza accanto a qualche esotica ed affettuosa nativa. Ebbene si, dicevo, il paese appena descritto é leader assoluto in violenza. Poco importa se a morire, in massima parte, siano  drogati, negri, poveri e, magari e purtroppo, poliziotti. Chi puó essere cosí egoista da dire: "Io non rientro nelle statistiche. Muoiono solo nelle favelas. Vedi che di stranieri ne ammazzano pochi!" Chi puó essere felice in una situazione simile, quando il giornale mattutino ti riversa il numero dei morti, degli autobus incendiati, degli innocenti vittime di pallottole smarrite, dei commissariati mitragliati? Chi puó ignorare che si vive sempre in uno stato di perenne tensione ed insicurezza? E soprattutto: chi puó ignorare l'inefficienza di un paese, la cui dirigenza, in un eterno scaricabarile federale tra Stati e Unione, é incapace di arginare tali fenomeni?
Ma la colpa di tanta criminalitá, non era stata indicata da centinaia di psicologi, nella profonda povertá ed emarginazione in cui si trovava una grande parte della popolazione? Ed ora, con il Paese in piena corsa economica, le tante decine di milioni che la propaganda governativa attesta come fuoriusciti dalla "linea di povertá" ed entrati, gloriosamente, in quella classe media, spendacciona, ottimista e vitaiola, non avremmo dovuto assistere ad una diminuzione delle morti? Vuoi vedere che i tanti progressisti si sbagliavano e che invece servirebbe solo un po' di punizione?
Qualcuno, lo so, scriverá che sono specialista nel mostrare i difetti e che non parlo mai delle cose belle che il paese offre. Forse é perché non le vedo, oppure, meglio, perché non ne vedo piú molte. In questo mio diario di terra brasiliana, riporteró di anno in anno la situazione della sicurezza civile e sociale, sperando che un giorno, in un post futuro, si possa commentare con immenso piacere la "straordinaria riduzione delle vittime di violenza in Brasile". Saluti a tutti voi.

sabato 15 settembre 2012

Il voto in Brasile: trionfo o tonfo della democrazia?


Elezioni in Brasile 2012. Potrebbe essere una cosa seria: dovrebbe. Una democrazia nuova, uscita da un trentennio da una dittatura soffocante; un Paese in crescita, con un potenziale umano e economico enorme; un sistema di voto moderno, effettuato tramite appositi computer, é in grado di evitare brogli, confusioni ed errori e consegna al popolo il risultato poche ore dopo la chiusura dei seggi. Alla faccia dell'Italia, col suo medioevo fatto di matite e schede piegabili che, una volta aperte, si trasformano in un lenzuolo matrimoniale. Dispone, il Paese sudamericano, anche di un complesso sistema di controllo basato su un ramo parallelo della giustizia, con Tribunali Elettorali presenti in ogni Stato e con ramificazioni municipali. Fin qui il lato positivo. Passiamo allora ad analizzare la campagna elettorale in corso. Si vota per le amministrative comunali, sindaci e consigli comunali: immaginate un ex Presidente della Repubblica, da molti indicato come un Padre della Patria, da altri, pochi, come un demagogo che per molto poco é sfuggito alla giustizia, qualche anno fa, quando i piú alti dirigenti del suo onesto partito sono stati cassati dai loro compiti pubblici (tuttora sono in attesa di giudizio per i reati commessi), immaginatelo dicevo, prestarsi a ridicoli siparietti elettorali in cui appare, come un buon padre di famiglia, con il candidato sindaco di una capitale nordestina che se lo guarda come fosse un santo e lo ricambia con affettuosi sorrisi e cenni d'approvazione; oppure peggio ancora: una Presidente in carica, simbolo della Nazione intera, apparire in televisione ad ogni orario, in spot in cui cita improbabili diminuizioni del prezzo dell'energia elettrica come risultato "fortemente voluto dal governo del suo partito per il popolo" e subito dopo, senza cambiare colore, giá che rosso era e rosso é, appare il citato candidato a sindaco, beandosi di avere gregari di tal fatta a tirargli la volata, sicuramente vincente. Anche altri partiti non scherzano. Governatori impegnati spudoratamente a favore di uno o dell'altro; senatori eletti e deputati ecc. ecc. É democrazia mischiare cosí le carte? Tre mesi di campagna elettorale, signori, e non si é visto, almeno qui da me, un dibattito con tutti i candidati. Il lavaggio del cervello di un popolo pochissimo culturalmente educato e pochissimo informato, lo fanno le macchine con le foto dei candidati e gli slogan di campagna, sulle note di capolavori musicali come "eu quero tchu eu quero tcha" e "ai se te pego", a tutto volume. Oppure poveri derelitti disoccupati che stanziano per giorni, mesi presso gli incroci, sorreggendo una bandiera con il numero o la foto, del candidato, svogliati e disinteressati: conta solo guadagnare qualcosa e poi vinca chi vuole. Nessun dialogo, nessuna contrapposizione dialettica, pochi comizi, demagogia a fiumi; nell'interno peggio ancora: il voto scambiato per sacchi di cemento, mattoni o favori di vario genere. 
Aggiungiamoci che il brasiliano appartenente alle classi meno abbienti, la grande maggioranza, non ha opinione politica, non é informato, non ha studiato e vota unicamente basato nei suddetti sistemi d'informazione ai quali si aggiungono gli innumerevoli sondaggi di voto che spingono il poveretto a votare per "il candidato che vince perché non voglio buttar via il mio voto" (parole vere!). 
É un vero peccato, lo dico con tristezza. Il Paese non se lo merita ed i brasiliani nemmeno. Purtroppo continuerá cosí e gli effetti nefasti di questa discutibile forma di esercitare il proprio diretto di rappresentanza, li vediamo nella vita di tutti i giorni: ospedali affollati senza assistenza, criminalitá dilagante, droga ovunque, opere pubbliche che si dilatano in tempi biblici, corruzione, scioperi, burocrazia.
É strano vedere come da queste parti nessuno si scaldi molto e le cose che ho scritto sembra che le penso solo io e pochi irriducibili polemici, in massima parte stranieri.
Teniamo duro comunque! Ma secondo voi, chi le vince le elezioni? Il candidato appoggiato da ex presidenti e Presidenta o quello appoggiato dal Governatore? Oppure quello con buone idee e tanta volontá di far bene ma senza padrino eccellente? Il risultato nelle prossime settimane!

giovedì 21 giugno 2012

Fra insicurezza, cinismo ed opportunismo, chi paga é sempre il Popolo.

Straordinario il passare del tempo. Nel riaprire la pagina del blog mi accorgo di esservi stato assente da ormai sei mesi. L'ultimo blog poneva in risalto il problema della violenza, che io ritengo il principale in Brasile. Non si puó vivere senza libertá e non si puó vivere circondati dal rischio. Ebbene, come molti di voi immagineranno, il problema é ancora insoluto. Niente é cambiato, anzi forse addirittura peggiorato, promettendo ai cittadini ancora il brivido di vivere in un paese in guerra, come citato nel precedente post. Sotto l'azione costante dell'ipocrisia e del cinismo, i governanti brasiliani preferiscono fingere che il problema non esiste. Perché cambiare le Leggi? Perché ristrutturare il derelitto sistema penitenziario? Meglio far notare quanto é forte l'economia del Paese (altra bufala visto che siamo il Paese che meno cresce nell'America Latina dopo S. Salvador) quanto e rigogliosa la nuova classe media (che sguazza in un mare di prestiti e finanziamenti a tassi orripilanti del 100% annuali, quando va bene), quanto forte sono le industrie esportatrici (pochi gruppi multinazionali o monopolisti nazionali).
Allora, per cambiare un po' e raccontarci su qualcosa di differente dopo tanta violenza e disgrazie, il post di oggi, lo dedico alla Petrobras. La Compagnia Statale, monopolista intoccabile, protagonista lo scorso anno di un aumento di capitale da Guinness dei Primati, primatista mondiale anche nelle fantasmagoriche cifre che riguardano i suoi progetti d'investimento, quotati 225 miliardi di dollari nel piano quinquennale di sviluppo presentato l'anno scorso, ha attualmente deciso una strategia di austerity, procedendo al taglio di circa 8 miliardi  di dollari di progetti d'evoluzione.
La sua Presidente, che dicono i ben informati abbia cominciato in azienda ai livelli piú umili (proprio come il nostro indimenticabile Fantozzi), ha deciso di spingere su questa linea perché le Borse Valori apprezzano le aziende che effettuano tagli a progetti e programmi ancora embrionali (dirottando, aggiungiamo noi, magari, le ingenti risorse risparmiate verso altre speculazioni). La grande Impresa di Stato ha deciso quindi di tagliare, guarda caso, fra  i tanti, anche un progettino che riguarda molto da vicino noi abitanti del Ceará: la Raffineria. Vabbé, direte voi, sono strategie industriali... Oltretutto serpeggia la crisi mondiale, la retrazione dei consumi, il surriscaldamento globale, la febbre aftosa e decine di altre piaghe e quindi si puó benissimo risparmiare quei miliardi, che oltretutto andrebbero "solo" a creare una decina di migliaia di posti di lavoro, ad elevare il PIL regionale ed il PIL pro-capite in una regione dove quest'ultimo é fra i piú bassi se comparato con la media nazionale... Sui giornali di oggi compare peró una notizia: "Petrobras convince la Presidente Dilma ad aumentare la benzina del 10%". Come, dico io, fammi leggere bene... Si, proprio cosí. La Compagnia ha assoluta necessitá di provvedere all'aumento dei prezzi dei carburanti perché, secondo la sua Presidente "i prezzi attuali avevano creato un ristagno nella generazione di flusso di cassa, venendo l'Impresa a difettare di risorse necessarie per gli investimenti"!!  Signori, tutto il mondo é paese e chi paga, alla fine, é sempre e solo il popolo. Buon viaggio in Brasile a tutti!!

sabato 14 gennaio 2012

Un Paese in guerra contro se stesso.

Per qualche mese ho vissuto come allucinato. Da una parte l'ottimismo generato dalle costanti notizie sul grande balzo compiuto dal Brasile nella classifica delle maggiori economie mondiali: Superata l'Italia! Superata l'Inghiterra! Sembrava quasi una gara di staffetta olimpica... Dall'altra le grandi opere ed i grandi progetti che cominciano ad apparire, qua e la, a Fortaleza: L'enorme Centro d'Esposizioni, il faraonico progetto di riordino della Beira Mar, il Grande acquario, la gente felice nei negozi pieni...
Oggi invece sono tornato alla triste realtá. Cominciamo l'anno ritornando a descrivere quel Brasile che conoscevo e che sapevo che non era scomparso. Una ONG internazionale ha divulgato una speciale classifica dove, ancora una volta, il gigante sudamericano é campione: 14 cittá brasiliane fra le cinquanta piú violente ed il terzo posto assoluto conquistato da Maceió, con Fortaleza che si piazza "solo" al 37º posto, con 43 omicidi ogni 100.000 abitanti.
Gli amici bene informati diranno che comunque i morti sono tutti di aree socialmente degradate, vittime della droga, trafficanti, malviventi ecc. e che pochi di coloro che vivono onestamente si aggiungono ai tristi numeri delllo studio menzionato; ma ció non toglie che chiunque qui senta il clima di profonda insicurezza dovuta al fatto che i signori facenti parte del gruppo dei malavitosi, non hanno l'abitudine e nenche il dovere di stare in fetide periferie ma, spesso, si propagano verso quella che é ritenuta la cittá della "gente normale", nella quale praticano scorribande di ogni genere a danno del secondo gruppo citato, ossia quello dei cittadini normali. Aggiungo che anche nelle periferie, fetide o no, vivono tante brave persone alle quali bisognerebbe dare una medaglia al valore di guerra per resistere indomiti in zone di combattimento.
Questa é la guerra di cui accennavo nel titolo: Una popolazione criminale che combatte una popolazione che si sforza di vivere nella normalitá, seguendo le leggi e piú ancora, una giustizia ceca, ipocrita, scadente, boriosa e classista che si ostina a non vedere ció che accade, unita ad una classe dirigente di politici flaccidi, straricchi, senza amore verso la Patria, tutti orbi davanti alla situazione di straordinaria emergenza in cui versa la "sesta economia del mondo", i cui cittadini onesti sono sotto attacco costante
da parte di una criminalitá sempre piú organizzata e sempre piú ben armata.
Nulla funziona: ne lo Statuto del Disarmamento, una pagliacciata che ha, forse, peggiorato la situazione, ne la deprecabile situazione penitenziaria, ne le leggi, deboli e studiate da politici sognatori i quali passano piú tempo in Svizzera che in Patria. Solo cosí ci si spiega il perché di un ordinamento penale che non permette di condannare un assassino di 17 anni oppure che permette ad un assassino condannato di uscire dopo 3 anni.
I sociologi, strani scienziati perlopiú di sinistra, vedevano nella differenza sociale la colpa: la miseria genera la violenza, dicevano. Si sono dimenticati di citare paesi come l'India, con lo stesso grande strato di popolazione emarginata ed in situazioni estreme e che nella classifica delle cittá violente non appare neanche! Ma come é possibile dottori? Nessuna risposta da parte dei santoni lulisti di casa nostra. Forse sono troppo occupati a scegliere il colore del nuovo SUV.
L'ottimismo mi é passato. Oggi sono tornato ai vecchi tempi, se qualcuno vuole rispondermi dicendo che "ce lo su col Brasile" lo faccia pure. Io prego che non si trovi mai fra le vittime di quelle statistiche e che soprattutto le cose possano modificarsi.
Ma mi é difficile pensare chi o cosa possa cambiare la situazione: se essere la sesta potenza non aiuta, ci salvi Dio.