domenica 3 marzo 2013

Traiettoria balistica (o ballistica)?


Giornali e televisioni hanno enfatizzato ieri i dati consolidati ed ufficiali riguardanti il PIL brasiliano. Ebbene, i toni non potevano che essere di preoccupazione per la scarsa crescita ottenuta dal paese nel 2012. Il dato ufficiale attesta il PIL allo 0.9 percento, pochissimo per un'economia in via di sviluppo. Il Paese si classifica quindi come il peggiore dei BRICS, ristagna nelle ultime posizioni nel centro e sud-america, dove é superato da Messico e persino da Argentina, per quanto riguarda l'anno trascorso. Una situazione che agita gli analisti politici ed economici soprattutto con il raggiungimento del decimo trimestre consecutivo di crescita inferiore all' uno percento. I numeri brasiliani, fra i peggiori anche del gruppo dei G20, smentiscono il governo che attribuisce il crollo alla perdurante crisi mondiale. Di fatto, c'é che le imprese non investono piú; e questo malgrado le linee di credito molto allettanti offerte dalle banche e la forzata discesa del tasso di sconto (SELIC). Le condizioni sul territorio non sono cambiate e fare impresa in Brasile si scontra con il Risco Brasil (Rischio Brasile) ovvero: scarse ed inefficienti le ferrovie, da rottamare la maggioranza delle strade, pochi e vecchi i porti ed aeroporti, burocrazia, imposizione fiscale elevata a fronte di servizi ancora da terzo mondo, scarsa mano d'opera specializzata, corruzione. Per quanto mi é dato di vedere, nulla é cambiato nei dieci anni di governo lulista, il quale é stato bravissimo a vendere un prodotto che non c'era. O meglio: una scatola riccamente illustrata, con le immagini del PAC 1-2, del programma MCMV (attualmente, al massimo, al 20% di costruzioni popolari realizzate), delle grandi opere come il canale dell'integrazione ed al cui interno peró troviamo il rompicapo di un paese smontato, che dalla fine della dittatura va avanti da se, in un succedersi di governi che, per la fretta di riempirsi le tasche e di andarle a svuotare negli USA od in paradisi fiscali, mai si sono preoccupati di progettare, pianificare, costruire e mantenere un sistema di scuole pubbliche efficienti, cittá organizzate ed a misura d'uomo, ferrovie e sistemi di comunicazione avanzati. Queste erano le vere opere da realizzare e da mettere nella confezione del Prodotto Brasil. L'ultimo governo, idolatrato da milioni, in patria e fuori, si é allineato ai precedenti, proponendo, a differenza di quest'ultimi, una manciata di ideologia bolivariana, molto populismo, uso della propaganda televisiva e del marketing come solo la sinistra sa fare e pure qualche buon risultato, sia chiaro, come l'aver evitato svendite di tesori nazionali (al contrario del predecessore immediato), aver generato ottimismo e fiducia mediante l'estensione del credito alle classi meno abbienti ed aver aumentato, cosa sin'ora mai successa, il potere d'acquisto dei salari, quasi raddoppiato in dieci anni. Qualcosa di piú lo si é fatto nel Nordest. Nel Ceará per esempio il ritmo di crescita degli ultimi anni é doppio rispetto alla media nazionale. Le grandi opere di struttura economica realizzate nell'ultimo decennio, come il porto di Pecem, le nuove in divenire come l'acciaieria e la raffineria e la valorizzazione del mercato immobiliare hanno contribuito a spingere la crescita a livelli quasi asiatici. Anche qui peró ci fermiamo davanti ai problemi nazionali, alle scelte adottate dal governo in tema di cambio monetario e di tassi di sconto, alle politiche economiche che penalizzano l'importazione, per timore atavico che questa possa, mediante il maggior afflusso di prodotti di qualitá, aumentare la sempre temuta inflazione e per soddisfare desideri lobbistici di industrie troppo spesso poco modernizzate, con alti costi fissi e che non reggerebbero la concorrenza. La mancanza generale di ferrovie, senza le quali nessun paese puó svilupparsi in maniera soddisfacente e coscienziosa, l'inesistenza di mano d'opera specializzata a causa di un sistema educativo anacronistico e fatiscente sono altri gravi problemi.
Come al solito fazioso, ipercritico e polemico direte voi. Ma é la realtá che chiunque non sia allucinato, viva da queste parti da sufficiente tempo per essersi svegliato dal sogno in cui era caduto all'epoca in cui ci venne per la prima volta in vacanza, puó confermare.
Il Brasile é una potenza. Ha tutto per esserlo. Ma gli ingredienti per preparare questa ricetta altamente energetica e dinamica non sono stati mischiati in maniera sufficiente nel decennio passato, quando si godeva di una congiuntura mondiale totalmente favorevole. Il Paese dispone ancora di grosse risorse e grandi riserve valutarie, oltre a banche pubbliche e private molto efficienti ed a strumenti finanziari che gli potrebbero permettere di cambiare la rotta, sostenendo finalmente l'industria manifatturiera, grande perdente degli ultimi anni (ad eccezione di comparti come l'automotive). Ancora per una quindicina d'anni sfrutterá un momento congiunturale positivo, chiamato effetto demografico, dato dalla crescita della popolazione attiva e quindi dei consumatori, nella fascia d'etá piú specifica per generare richiesta di prodotti e servizi. La speranza, per noi che qui viviamo, per coloro che guardano al Brasile come progetto futuro e per il mondo stesso é che i governanti comincino ora l'arduo lavoro di riorganizzazione politica, economica, territoriale, educativa che porti nel prossimo ventennio i risultati stabili che il Paese merita.