Giornali
e televisioni hanno enfatizzato ieri i dati consolidati ed ufficiali
riguardanti il PIL brasiliano. Ebbene, i toni non potevano che essere
di preoccupazione per la scarsa crescita ottenuta dal paese nel 2012.
Il dato ufficiale attesta il PIL allo 0.9 percento, pochissimo per
un'economia in via di sviluppo. Il Paese si classifica quindi come il
peggiore dei BRICS, ristagna nelle ultime posizioni nel centro e
sud-america, dove é superato da Messico e persino da Argentina, per
quanto riguarda l'anno trascorso. Una situazione che agita gli
analisti politici ed economici soprattutto con il raggiungimento del
decimo trimestre consecutivo di crescita inferiore all' uno percento.
I numeri brasiliani, fra i peggiori anche del gruppo dei G20,
smentiscono il governo che attribuisce il crollo alla perdurante
crisi mondiale. Di fatto, c'é che le imprese non investono piú; e
questo malgrado le linee di credito molto allettanti offerte dalle
banche e la forzata discesa del tasso di sconto (SELIC). Le
condizioni sul territorio non sono cambiate e fare impresa in Brasile
si scontra con il Risco Brasil (Rischio Brasile) ovvero: scarse ed
inefficienti le ferrovie, da rottamare la maggioranza delle strade,
pochi e vecchi i porti ed aeroporti, burocrazia, imposizione fiscale
elevata a fronte di servizi ancora da terzo mondo, scarsa mano
d'opera specializzata, corruzione. Per quanto mi é dato di vedere,
nulla é cambiato nei dieci anni di governo lulista, il quale é
stato bravissimo a vendere un prodotto che non c'era. O meglio: una
scatola riccamente illustrata, con le immagini del PAC 1-2, del
programma MCMV (attualmente, al massimo, al 20% di costruzioni
popolari realizzate), delle grandi opere come il canale
dell'integrazione ed al cui interno peró troviamo il rompicapo di un
paese smontato, che dalla fine della dittatura va avanti da se, in un
succedersi di governi che, per la fretta di riempirsi le tasche e di
andarle a svuotare negli USA od in paradisi fiscali, mai si sono
preoccupati di progettare, pianificare, costruire e mantenere un
sistema di scuole pubbliche efficienti, cittá organizzate ed a
misura d'uomo, ferrovie e sistemi di comunicazione avanzati. Queste
erano le vere opere da realizzare e da mettere nella confezione del
Prodotto Brasil. L'ultimo governo, idolatrato da milioni, in patria e
fuori, si é allineato ai precedenti, proponendo, a differenza di
quest'ultimi, una manciata di ideologia bolivariana, molto populismo,
uso della propaganda televisiva e del marketing come solo la sinistra
sa fare e pure qualche buon risultato, sia chiaro, come l'aver
evitato svendite di tesori nazionali (al contrario del predecessore
immediato), aver generato ottimismo e fiducia mediante l'estensione
del credito alle classi meno abbienti ed aver aumentato, cosa sin'ora
mai successa, il potere d'acquisto dei salari, quasi raddoppiato in
dieci anni. Qualcosa di piú lo si é fatto nel Nordest. Nel Ceará
per esempio il ritmo di crescita degli ultimi anni é doppio rispetto
alla media nazionale. Le grandi opere di struttura economica
realizzate nell'ultimo decennio, come il porto di Pecem, le nuove in
divenire come l'acciaieria e la raffineria e la valorizzazione del
mercato immobiliare hanno contribuito a spingere la crescita a
livelli quasi asiatici. Anche qui peró ci fermiamo davanti ai
problemi nazionali, alle scelte adottate dal governo in tema di
cambio monetario e di tassi di sconto, alle politiche economiche che
penalizzano l'importazione, per timore atavico che questa possa,
mediante il maggior afflusso di prodotti di qualitá, aumentare la
sempre temuta inflazione e per soddisfare desideri lobbistici di
industrie troppo spesso poco modernizzate, con alti costi fissi e che
non reggerebbero la concorrenza. La mancanza generale di ferrovie,
senza le quali nessun paese puó svilupparsi in maniera soddisfacente
e coscienziosa, l'inesistenza di mano d'opera specializzata a causa
di un sistema educativo anacronistico e fatiscente sono altri gravi
problemi.
Come
al solito fazioso, ipercritico e polemico direte voi. Ma é la realtá
che chiunque non sia allucinato, viva da queste parti da sufficiente
tempo per essersi svegliato dal sogno in cui era caduto all'epoca in
cui ci venne per la prima volta in vacanza, puó confermare.
Il
Brasile é una potenza. Ha tutto per esserlo. Ma gli ingredienti per
preparare questa ricetta altamente energetica e dinamica non sono
stati mischiati in maniera sufficiente nel decennio passato, quando
si godeva di una congiuntura mondiale totalmente favorevole. Il Paese
dispone ancora di grosse risorse e grandi riserve valutarie, oltre a
banche pubbliche e private molto efficienti ed a strumenti finanziari
che gli potrebbero permettere di cambiare la rotta, sostenendo
finalmente l'industria manifatturiera, grande perdente degli ultimi
anni (ad eccezione di comparti come l'automotive). Ancora per una
quindicina d'anni sfrutterá un momento congiunturale positivo,
chiamato effetto demografico, dato dalla crescita della popolazione
attiva e quindi dei consumatori, nella fascia d'etá piú specifica
per generare richiesta di prodotti e servizi. La speranza, per noi
che qui viviamo, per coloro che guardano al Brasile come progetto
futuro e per il mondo stesso é che i governanti comincino ora
l'arduo lavoro di riorganizzazione politica, economica, territoriale,
educativa che porti nel prossimo ventennio i risultati stabili che il
Paese merita.